Milano, Santa Maria delle Grazie, 4 Gennaio 2017
di Marco Garzonio
Oggi diamo l’ultimo saluto a Rosy, un’amica, una collega, una donna speciale. Lo facciamo in un luogo speciale, in questa Basilica dedicata a Santa Maria delle Grazie.
Maria, colei che intercede, advocata nostra recita la preghiera; Maria, idealizzazione e insieme concretezza del femminile.
San Bernardo scrive: “Non s’è mai udito che qualcuno sia ricorso a te e sia stato abbandonato”. Lì si ispirò Dante. Sulla scia di Bernardo, Dante che Rosy aveva imparato ad amare nel sodalizio con Adriana Mazzarella, altra amica e collega carissima che ci ha di recente lasciati, così ha cantato nel Paradiso: «Donna, se’ tanto grande e tanto vali,/che qual vuol grazia e a te non ricorre,/ sua disïanza vuol volar sanz’ali./La tua benignità non pur soccorre/a chi domanda, ma molte fïate/ liberamente al dimandar precorre». Donna/Signora, sei tanto grande e potente che chi sulla terra vuole una grazia e non ricorre a te, vano è il suo desiderio. La tua bontà è tale che non solo aiuta chi chiede, ma molte volte previene spontaneamente la richiesta.
Corrispondere e prevenire è un dittico che appartiene a chi cura, a chi ha individuato il senso della propria venuta sulla terra nel farsi carico dei bisogni e delle sofferenze degli altri. E ha attraversato la vita lungo due registri: cercare i modi più autentici per realizzare se stesso; insieme, mettersi al servizio del prossimo, delle donne e degli uomini del suo tempo.
La storia personale di Rosy è uno spaccato della storia di un’Italia, di una cultura, di una professionalità che non si accontentano del “già dato”, si pongono in continua ricerca, vogliono cambiare il mondo. Una storia coi suoi miti e con le sue attitudini ad assumersi precise responsabilità. Chi pratica questa storia, chi si prende sul serio e ha la coerenza per barra del timone, non imbocca sentieri facili, scontati, garantiti, non ammicca al consenso ad ogni costo, diffida delle omologazioni; sperimenta sulla sua pelle che cambiando sé potrà sognare di cambiare il mondo. Rosy appartiene alla generazione di psicoanalisti provenienti da altri percorsi e arrivati alla cura dell’anima come sbocco esigente di una necessità interiore. Oggi “si studia da” psicoterapeuti e da psicologi del profondo. È il tempo, sono le leggi, le condizioni economico sociali mutate, i modelli culturali cambiati, le trasformazioni epocali in atto. Lungi da me ogni venatura nostalgica o fantasie di restaurazione. Semmai il problema è come recuperare lo spirito pionieristico, chiamiamolo così, di quella generazione che ha scoperto lungo strada la vocazione analitica e infondere quel fuoco interiore nelle attese delle generazioni attuali e a venire. Formare i giovani, trasmettere loro le ragioni d’una vicenda personale e comune perché essi si ritrovino nelle condizioni per vivere il presente e il futuro della propria storia e a loro volta assicurare il corso delle generazioni.
Il senso della crescita personale e collettiva, dell’evoluzione, della continuità è dote individuale e insieme frutto di ricerca tenace. Le persone che posseggono tali virtù e le affinano incessantemente cumulano titoli di umanità tali da farsi riconoscere esempi credibili. La storia di Rosy è la proposta naturale di un percorso esemplare. Nasce medico anestesista, a contatto quotidiano col rischio, il dolore, l’incognita, il risveglio, la ripresa, in una continua lotta tra vita e morte. Uno scontro straordinario in cui alla fine è la vita ad avere il sopravvento, come recita l’antica antifona della vigilia di Pasqua della liturgia ambrosiana: Mors et vita/duello conlixere mirando/Dux vitae, mortuus/regnat vivus.
Poi l’analisi personale, l’incontro con Jung e con la Sandplay Therapy di Dora Kalff, la formazione, il riconoscimento del valore di un’appartenenza ad una comunità analitica con l’adesione all’Associazione della Sandplay e al Centro Italiano di Psicologia Analitica, sino all’assunzione di responsabilità istituzionali a livello internazionale, nel Board dell’International Society for Sandplay Therapy, e lo spendersi generoso nei viaggi, nei seminari, nelle supervisioni in varie parti del mondo, a cominciare da Paesi di recente tornati alla democrazia. Sino all’assunzione del massimo carico di responsabilità: elezione a Presidente dell’AISPT per consenso unanime. E lì Rosy esercita il suo ruolo in spirito di servizio, profondo senso istituzionale, punto di riferimento e di equilibrio per colleghe e colleghi, per gli allievi della Scuola di Psicoterapia e del Master, la Rivista, il sito. Sono compagni di Rosy: il carattere e lo studio. Levità, humor, gioiosità smussano, spronano, accompagnano nelle inevitabili difficoltà e danno solidità al gruppo. La curiosità scientifica e clinica, che alimenta il suo stesso stare con gli altri, la porta in zone di frontiera, come quando illumina colleghi e allievi con l’approfondire i rapporti tra neuroscienze, immagini, lavoro sui simboli.
Chiudo con una citazione di Sant’Agostino che m’è cara: «Signore, non ti chiedo perché me l’hai tolta, ma ti ringrazio perché me l’hai data». Agostino è a Ostia Tiberina, sta per ripartire per l’Africa dopo la straordinaria avventura milanese che gli ha cambiato la vita. Mentre aspetta la nave, la madre muore. Seppellirà Monica in terra Italiana. Ora, a 33 anni, è pronto per affrontare la nuova avventura. Ecco, a ciascuno di noi lascio di porsi, secondo le proprie convinzioni sul senso della vita e della morte, la riflessione circa la prima parte di quella splendida frase. Ma con tutti voglio condividere il «ti ringrazio perché me l’hai data».
Riconoscenza per il dono che mi è stato dato di esser compagno di strada di Rosy per lunghi tratti negli anni, sino ai mesi della malattia, sino agli ultimi giorni. Con quella capacità tutta sua di tenere insieme i due registri: il carico professionale e istituzionale, che ci ha permesso di avviare la nuova edizione del Corso di Perfezionamento, da lei fortemente voluto e che a lei dobbiamo dedicare; la leggerezza delle ultime fantasie, racchiuse in alcune battute che ho avuto il privilegio e l’emozione di scambiare con Rosy in ospedale, ormai verso la fine: «Vedrai diminuisco il carico dello studio e vado a scuola di tango. Prepara il vestito». Alla maniera di quelli di Adriana? «Sì, rosso e con le balze. E le scarpe coi tacchi». 12 o 14? «14!».
Riconoscenza per i doni personali, professionali, scientifici, di relazione e di amicizia che Rosy ha portato e condiviso nelle nostre associazioni: AISPT e CIPA. Le colleghe e i colleghi, a titolo personale e in nome dei rispettivi organismi direttivi, si stanno unendo in questo grazie commosso e collettivo con mail e sms, che andranno raccolti.
Riconoscenza per l’opportunità che mi e ci è stata data di conoscere Beatrice, la figlia amatissima e straordinaria, e Charlie Balfour, il marito che ha voluto oggi questo funerale in questo luogo, per respirare insieme il genius loci di Santa Maria delle Grazie, in nome di Rosy, e che mi ha chiesto di ricordarla.
La grazia che mi sento di chiedere è di aver sempre la voglia, la determinazione, il gusto di continuare a sentire Rosy tra noi, di ascoltare le sue riflessioni e, in particolari momenti, di risentire echeggiare la sua risata argentina, festosa, liberatoria.