Voci dal mondo – Il punto di vista di Maria Kendler su Sandplay, Processo di individuazione e funzione del Gioco

di Paola Manzoni.

In questo numero lo stimolo di Voci dal Mondo nasce dalla Svizzera, ed è a noi portato da Maria Kendler, Vicepresidente per l’Europa di Isst. A lei ho posto solo due domande, le cui risposte mi sono apparse così di rilievo da definire una prospettiva valorizzabile in sé e per sé in quest’articolo.

La prima domanda rivolta a Maria ha riguardato il rapporto tra Sandplay ed Analisi, in linea con un interesse diffuso attualmente tra noi, che porta ad interrogarci circa quanto la Sandplay offra una metodica psicoterapeutica “e/o” sia espressione e prassi di una funzione intrinsecamente analitica.

La seconda domanda è nata da una ovvia curiosità, acuita da una personale frustrazione: dovevo essere presente al Congresso Isst, svoltosi a marzo a Gerusalemme, Israele. Avevo comprato i biglietti, concordato il viaggio con una collega ed amica americana, pagato il Congresso…quando una semplice scivolata in pantofole d’albergo ha deciso per me altrimenti (caduta, frattura, operazione, riabilitazione, …!).

Non potendo incontrare la Kendler di persona, le ho comunque chiesto in che senso il tema del Congresso (“Quando l’Oriente incontra l’Occidente”) l’avesse stimolata e su quale argomento si fosse focalizzata. Nella risposta che leggerete, personalmente sono rimasta colpita dall’abbinamento tra funzione del Gioco e decondizionamento che Maria sottolinea riferendosi in particolare a terapie rivolte ad adulti. L’intimità di questo legame mi ha coinvolto nella riflessione; concordo dunque nel pensare come indispensabile la presenza nel percorso terapeutico di una dimensione di rielaborazione, basata sul Gioco, in grado di assicurare al paziente una zona di libertà dalla sofferenza. Se si segue solo la linea dell’ascolto della sofferenza, rischiamo di non svolgere una funzione essenzialmente terapeutica e spesso di rimanere sommersi dai meandri del burn out che sopraggiunge dopo colloqui ad alta intensità.

Invito dunque ad una buona lettura, che potrete fare in italiano nella nostra traduzione, oppure in lingua inglese, che anche per la Kendler, di Svizzera francese, è un idioma ed una via di accesso internazionale. Prima ancora di ciò, cogliete il suo sorriso, dalla bella fotografia che ci ha messo a disposizione.

Il punto di vista di Maria Kendler su Sandplay, Processo di individuazione e funzione del Gioco

(traduzione italiana di Paola Manzoni)

 

1. Rapporti tra Sandplay ed Analisi

Maria Kendler:

Mi piace pensare che il processo d’individuazione non sia stato “inventato” da Jung. Lui stesso scoprì che gli uomini di tutti i tempi erano stati mossi da una forza misteriosa che li conduceva ad esplorare zone nuove del mondo interiore, per divenire più completi come soggetti. Le esperienze alchemiche, praticate in tante culture, riflettono ad esempio questa ricerca; così come le costruzioni giocose che Jung fece sulla riva del lago di Zurigo con tanti tipi di materiale, duranti i periodi di crisi seguiti alla separazione da Freud. Questi due esempi mostrano che i metodi del processo d’individuazione possono utilizzare elementi materiali come supporto. I contenuti interiori che ancora non sono consapevoli vengono proiettati su oggetti concreti, miniature, materiali, e così, attraverso un’attività libera di creazione, portati più vicino alla coscienza.

Fu di Jung l’idea rivoluzionaria che l’accesso all’inconscio, alla base del processo d’individuazione, era possibile non solo attraverso i sogni ma anche per il tramite di altre pratiche. Nell’originario testo sulla Funzione trascendente (che fu scritto nel 1916 ma pubblicato solo nel 1956) egli aveva già spiegato che tutti i tipi di creazione con materiale concreto (dipinti, disegni, produzioni in argilla, movimenti di danza, ecc…) in uno stato di abbassamento dell’attività mentale (abaissement du niveau mental) portano ad aprire la comunicazione tra conscio ed inconscio.

Il Sandplay non esisteva ancora, ma non sorprende che Jung dopo raccomandò a Dora Kalff di studiare il Gioco del Mondo di Margaret Lowenfeld, con l’idea di adattare questo metodo ed il suo materiale creativo alla pratica Junghiana. Anche se esso all’inizio venne pensato per dare all’approccio Junghiano un metodo adatto ai bambini, ora noi sappiamo quanto utile esso possa essere altrettanto per gli adulti e per la loro specifica ricerca d’individuazione.

Il vantaggio della Sandplay therapy è che il processo simbolico è radicato in un’area della psiche prossima al corpo, grazie all’esperienza sensoriale della sabbia. Il processo d’individuazione con le sue sfide, con le scoperte fantastiche e talvolta scomode sorge da un’area interiore profonda, preverbale. In contatto con la sabbia, i contenuti che sono pronti ad emergere vengono fuori da un’esperienza sensoriale. Il senso del tatto, che è la funzione sensoriale più antica, dà nascita e forma a tali contenuti.

Il processo d’individuazione può esprimersi a tanti livelli nella vita di una persona. Ma se un cliente può con regolarità dare forma creativa con la sabbia e con le miniature alle immagini interne che sorgono spontanee, il vassoio di sabbia diventa un contenitore solido e continuo di questo processo ad un livello molto concreto. La costanza del contenitore consente al terapeuta di osservare come l’energia psichica che è attivata in un processo d’individuazione prenda forma e si trasformi lungo tutto lo sviluppo del processo.

2. Argomento proposto al Congresso ISST 2023, Gerusalemme, Israele
(titolo del Congresso: “Quando l’Oriente incontra l’Occidente”)

Maria Kendler:

Al Congresso in Israele ho parlato dell’importanza del gioco nella filosofia e mitologia occidentale ed orientale. Nella seconda parte della presentazione ho cercato di illustrare come l’essenza dell’idea Hindu di giocosità può apparire nella Sandplay therapy.

È stato interessante osservare che in occidente, dai tempi antichi sino al presente, molti filosofi hanno valorizzato l’attitudine al gioco come una caratteristica di saggezza ed anche di pratica spirituale. Nella mitologia orientale troviamo l’idea di “Leela” in alcune tradizioni dell’hinduismo. Leela significa “gioco”, in particolare “gioco divino”. Quando presentai una delle più popolari manifestazioni di Leela che è collegata ai miti di Krishna bambino, l’aula reagì positivamente a questa dimensione del Dio come ragazzo non educabile. In effetti il piccolo Krishna rifiuta regole e norme, non accetta di essere condizionato da vincoli umani e così rappresenta la libertà assoluta dell’essenza divina insita nel nostro essere. L’attitudine alla vita è in questo caso il gioco, la danza, la creatività. Con essa, come libertà interiore e nessuna identificazione con gli eventi seri della vita, si riesce a combattere i demoni e a liberare la terra dai suoi fardelli.

In modo simile, nei processi di Sandplay talvolta osserviamo come complessi e pesantezze emozionali possono essere superate dal semplice fatto di arrivare ad un’espressione creativa e giocosa. Durante la relazione mostrai diversi esempi clinici con rappresentazioni di sabbia dove pattern statici divengono flessibili grazie al collegamento evolutivo con la funzione del gioco.

Il decondizionamento talvolta è necessario per gli adulti, proprio per divenire capaci di giocare. La Sandplay therapy offre un materiale che consente di essere creativi con pochi e semplici atti e può aiutare ad abbassare le difese rispetto al giocare.

Nell’Hinduismo l’attitudine al gioco e alla libertà interiore (Leela) è possibile perché si vive una stretta relazione con la base indistruttibile dell’esistenza. Questo collegamento è avvertito come una protezione sostanziale e fornisce l’opportunità di andare oltre i modelli limitanti della sofferenza. In tal senso mostrai un quadro di sabbia in cui la paziente presentò un singolo oggetto che mostrava quale parte di lei non era toccata dal suo soffrire dilagante.

Infine feci vedere un vassoio in cui la realtà numinosa di unificazione che è un’esperienza importante nei processi di individuazione, non è solo rappresentata nell’aspetto della quiete (come nel Mandala statico) ma nella prospettiva del lato gioioso ed energetico di Leela, dove la danza e la vivacità dinamica riempiono lo spazio del quadro di Sabbia.

Per riassumere possiamo dire che Leela è giocosità, in una visione spirituale di completa libertà interiore e di connessione con l’essenza indistruttibile dell’essere. Sono sempre contenta di osservare come l’energia di Leela, centrata sul gioco, sia attivata dal Sandplay. Ed è stato interessante in particolare per me trovare che sia Oriente che Occidente hanno valorizzato quest’attitudine al gioco da migliaia di anni.

PROFILO DI MARIA KENDLER

Maria Kendler, Msc, MPhil, Clinical Psychologist and Teaching member of SGSST/ISST with professional experience in individual and institutional settings.

Presently she is working in a private practice in Morges and in Vevey, in the French part of Switzerland. She uses Sandplay with children, adolescents and adults.

Since many years she is teaching Sandplay Therapy in Switzerland and abroad.

She is the president of the Swiss Society for Sandplay Therapy (SGSST) and Vice President of ISST for Europe, Africa and Middle East.

Since 10 years she is the responsible editor of the Swiss-German Journal for Sandplay Therapy (Zeitschrift für Sandspieltherapie).

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L’AISPT, espressione italiana della International Society for Sandplay Therapy ISST, si occupa di formazione, ricerca, condivisione di esperienze e conoscenze sulla psicologia con il metodo del Gioco della Sabbia, all’interno di una rete internazionale che facilita lo studio, la discussione specialistica e lo scambio tra i terapeuti. La Sandplay Therapy fornisce un linguaggio simbolico anche a chi non ha parole per esprimere il proprio malessere, consentendo di rappresentare il mondo interno così come si è costellato.

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