Ricordando Adriana Mazzarella
di Cristina Zannini
Ascoltare la voce di Adriana Mazzarella di fronte a un quadro di sabbie, a un canto della Divina Commedia, a un difficile passaggio della Gita, nel tempo lungo degli anni è stato come imparare a vedere nel profondo e a sentire intensamente con il cuore. Un lungo percorso per capire mettendosi alla prova con partecipazione e generosità, e per differenziare, con intuizione e percezione attenta, l’intensità dell’espressione psichica, poetica o spirituale.
Lo studio dei testi delle culture orientali, e particolarmente di quella indiana, ha accompagnato il lavoro di Adriana in ogni ambito, arricchendo la sua opera con aperture sorprendenti per profondità di intuizione, come nel parallelo tra la visione medievale del mondo dantesco e la struttura energetica e spirituale dello yoga, di cui tratta già all’inizio del suo libro Alla ricerca di Beatrice.
Alla Bhagavad Gita, il testo sacro dell’Induismo, parte del grande poema epico antico Mahabharata, Adriana è tornata diverse volte approfondendo sempre più il tema della crisi etica e spirituale in un mondo in trasformazione violenta, quale è quello di Arjuna di fronte alla necessità e all’ obbligo morale del suo essere un principe guerriero, di sterminare nemici e avversari, che sono legati a lui da stretti vincoli di sangue, in una lotta fratricida a cui il senso morale ripugna.
Ed è il suo auriga, che guida il carro da guerra e governa i suoi potenti cavalli, ad accogliere il dolore di Arjuna e il suo rifiuto di combattere, rivelandosi come il divino Krishna che dà , nel cuore della battaglia, l’insegnamento iniziatico, trasmette la visione del Divino con la terrificante Potenza della manifestazione, trascende i limiti del comune sapere e agire e sprona al combattimento.
Da cui il titolo Il Canto del Beato, il canto o insegnamento di Krishna come ‘avatar’ o manifestazione del Divino nell’estrema crisi del mondo.
Intensissima è la nostra implicazione in una tematica attuale come la crisi etica e il problema dell’azione e dei limiti del libero arbitrio nella fase storica di profonda trasformazione che stiamo attraversando e che mette in crisi i valori e i fondamenti stessi del nostro sistema e della nostra storia recente. E che ci costringe a un lavoro sempre più profondo di comprensione e di intuizione delle tendenze del cambiamento in atto: Adriana ne era tanto consapevole, e profondamente coinvolta, da proporre nuovamente una lettura della Gita nell’ultima serie di incontri di gruppo.
L’intensità della voce di Adriana è rimasta nella memoria a scandire le parole della Gita come nella recitazione di un mantra potente, seguendo il testo e il commento di Sri Aurobindo ne Lo yoga della Bhagavad Gita.
Ma solo la poesia e la musica hanno la capacità di esprimere la realtà di un tempo di crisi, rappresentandola e trascendendola.
Questo è parte vivissima dell’insegnamento di Adriana Mazzarella che ha saputo aprire il commento di Aurobindo, con l’esperienza di abissale profondità del suo percorso spirituale e conoscitivo, a momenti di ascolto e condivisione silenziosa della musica di Bach, Chopin e soprattutto Beethoven.
Il passaggio dagli aspetti di ordine conoscitivo e filosofico del testo all’esperienza di totalità della musica resta di ordine intuitivo e meditativo, ma esprime un valore di verità che riconosciamo nella forma musicale e nella tensione alla trascendenza di Beethoven, in particolare nella sonata per pianoforte n.31 op.110, che vorrei ancora proporre all’ascolto in una delle interpretazioni più coinvolgenti di Daniel Barenboim.
Ritengo importante chiudere con una poesia, e ho scelto Portami il girasole di Montale per ricordare l’apertura alla ricerca del senso profondo come il sentimento dominante e il dono più grande di Adriana e del suo insegnamento.
Portami il girasole ch’io lo trapianti
nel mio terreno bruciato dal salino,
e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti
del cielo l’ansietà del suo volto giallino.
Tendono alla chiarità le cose oscure,
si esauriscono i corpi in un fluire
di tinte: queste in musiche. Svanire
è dunque la ventura delle venture.
Portami tu la pianta che conduce
dove sorgono bionde trasparenze
e vapora la vita quale essenza;
portami il girasole impazzito di luce.
Eugenio Montale (da Ossi di seppia)