Ricordando Adriana Mazzarella
di Cristina Zannini
Vorrei condividere con voi un mio breve ricordo di Adriana.
Quando tanti anni fa, mi diede la prima edizione del suo libro, mi scrisse una dedica, che terminava così: “Ma soprattutto con Amore” scritto con l’A maiuscola.
Vorrei soffermarmi un momento su quella parola “Amore” come segno, come compendio di tutto quello che è stata e che ha realizzato in sé e con noi Adriana nella sua lunga e intensa vita.
Il suo pensiero era lucido e analitico e sempre intensamente carico di Eros, realizzazione di quell’intelligenza del cuore faticosa da raggiungere e che rappresenta, come lei scrisse nell’Introduzione al Paradiso, il superamento di tutti quegli “stati precedenti che sembravano frammentari a quell’Unus Mundus originario da cui avevano avuto origine, che Dante chiama “amore” e che si manifesta come luce”. (pag. 357 Alla ricerca di Beatrice)
Quello che Adriana mi augurava era di procedere nella direzione, da lei vissuta dell’Amore come espressione “del sentimento più alto che l’uomo può provare sulla terra: seguendolo fino alle sue radici, l’uomo potrà arrivare a quell’Amore universale che tutto comprende e che i teologi chiamano Dio.” (pag. 361 Alla ricerca di Beatrice).
Una direzione, ovviamente, di cui l’impegno è la nostra umana possibilità, di là dal raggiungimento e nell’accettazione dei propri limiti e possibilità, ma nella direzione di quell’opus contra naturam, quello sforzo difficile verso la consapevolezza di sé di cui ci parla Jung.
E la vita di Adriana è davvero stata la testimonianza di questo impegno e di questa serietà, nella gioia di vivere e nella profonda partecipazione alla realtà umana.
Per me, come per molti di noi, Adriana è stata una “Maestra”, l’analista prima, la collega poi, l’amica ma sempre una Maestra di vita.
Mi univa a lei quell’amore intenso carico di riconoscenza che ti trasforma, che ti fa amare anche i limiti, le ombre dell’altro con le tue, perché va all’essenza dell’Anima e la sua era, è grande e bella e ricca…
E’ stato facile riconoscerla tanti anni fa come la donna analista che riuniva in se’ la carnalità e la spiritualità profonda, l’instintualita’ viva, focosa, irruenta e una dolcezza profonda: l’amore, l’umanità vera che si dava all’altro come sostegno, vicinanza, presenza viva.
Gli opposti che convivevano e che in lei s’integravano.
È stato importante e un onore poterla accompagnare sino alla fine, e vedere l’evoluzione e la trasformazione profonda e spirituale di un’Anima, che compie in se’ la sua individuazione e negli anni, sino alla fine, realizza quell’Amore universale di cui il suo Dante parlava e scriveva.
La profonda conoscenza del pensiero junghiano, il rigore nel farcelo studiare insieme a tutti gli altri testi, fondamentali per saper lavorare con il gioco della sabbia, con i simboli che richiedevano, come lei ci spiegava, un’ampia cultura, grande sapere e il desiderio continuo di conoscere e di studiare.
La conoscenza e l’approfondimento del pensiero filosofico orientale e della gnosi occidentale, l’apertura profonda verso la poesia e la musica che da sempre ha accompagnato la sua vita.
La musica che negli ultimi anni della sua vita è diventata la porta spirituale alla completa realizzazione di sé.
Seduta nella sua poltrona, ancora qui ma già altrove, immersa nella musica e ancor più generosa nel condividerla e farci vivere con lei quell’ultimo pezzetto di strada insieme, regalandoci ancora il suo Spirito e il suo Amore.
L’attenzione per gli altri, per il lavoro umile dell’uomo sino alla fine nel dolore del letto d’Ospedale per gli infermieri e il personale di servizio, la riconoscenza per chi si prendeva cura di lei, l’amore e l’orgoglio per le sue figlie, le continue domande a ognuno di noi sui nostri cari e l’interessamento sino agli ultimi giorni per il nostro benessere, testimoniano fino in fondo la forza dell’Amore in lei che “move il sole e l’altre stelle.” (Paradiso XXXIII).
Vorrei terminare dedicandole questa poesia di Rainer Maria Rilke tratta dal “Libro d’ore”:
Sei il futuro, Tu, il rosso immenso del mattino
sulle pianure dell’eternità.
Sei il canto del gallo, Tu, dopo la notte del tempo,
la rugiada, Tu, sei la preghiera del mattino
e la fanciulla, lo straniero, la madre e la morte.
Sei la forma che trasmigra,
che sola, sempre, si leva dal destino,
che non riceve festa, nè compianto,
come un bosco selvaggio mai descritta.
Sei l’essenza profonda delle cose
che di se stessa tace l’ultima parola
e sempre altra si offre ad ogni altro;
alla nave, come costa; alla terra, come nave