Mariarosa Calabrese: l’arte di muovere il colore

di Filomena Rosiello

Ho incontrato per la prima volta Mariarosa nel 1989 a un seminario condotto da lei sul
mito di Demetra e Persefone.

Mariarosa alternava la lettura del mito raccontata da Claudiano a quella dell’inno a Demetra contenuto negli Inni Omerici e alla sua personale narrazione e rielaborazione.

Insieme ai personaggi del mito si affiancavano due colori: il rosso e il verde che Mariarosa invitava a far dialogare sul foglio secondo un suo personale stile che lasciava intendere uno studio approfondito sia del mito che del significato dei colori stessi. Attraverso il rosso e il verde Mariarosa ci invitava a far dialogare tra loro il protagonismo del colore rosso e la sua estrema motilità con la capacità di accoglienza del colore verde. I due colori prendevano anima sotto il movimento dei nostri pennelli e raccontavano i tentativi di integrazione o il conflitto esistente tra Anima e Animus, tra attività e passività, tra energia maschile e energia femminile.

Acqua, pennelli e colori accompagnavano i racconti e traducevano in immagini non solo le varie scene ma le emozioni e le risonanze delle donne che partecipavano al gruppo di lavoro.

In quello scambio continuo si esprimeva la competenza di Mariarosa ma anche la sua capacità empatica che permetteva alle parole non dette di ognuna di noi, di esprimersi e muoversi attraverso il colore.

Alla fine di ogni sessione guardavamo i lavori fatti, dopo che lei con enorme pazienza, li aveva affissi al muro e senza trascurarne nessuno, attraverso poche pennellate, tracciava segni in ognuna di noi. Segni che si traducevano in riflessioni, approfondimenti e scelte di vita. Era la prima volta che assistevo a un seminario di quel genere che comprendeva la tecnica pittorica, lo studio del movimento del colore, l’approfondimento del testo e la rielaborazione critica dei lavori. Tutto con assoluta levità e con il pizzico di ironia che non è mai mancato a Mariarosa. Col passare del tempo Mariarosa ha applicato la teoria del colore anche nel lavoro col gioco della sabbia. La sua attenzione ai colori che si ripetevano o alternavano nel corso del percorso di un/una paziente stimolavano acute riflessioni sulla simbologia della scena rappresentata.

A tutto questo si aggiungeva la sua curiosità nei confronti di altre discipline che usavano il corpo e il movimento come canale di espressione e trasformazione.

Al congresso internazionale di Venezia del 2013 presentò un caso molto intenso e interessante sul velo e lo svelare. Riflettemmo sull’importanza che un velo può avere per proteggere sia contenuti indicibili che intimità e questa fu la personale rielaborazione che Mariarosa proponeva sul tema della maschera.

Con passione e decisione ha portato nella Sandplay Therapy e nel lavoro clinico in generale, una riflessione al di là degli schemi precostituiti e al di là delle interpretazioni.
Sicuramente il suo lavoro ha aggiunto nuove conoscenze grazie all’integrazione delle varie pratiche su cui nel corso del tempo si era formata.

Pertanto esprimo la mia gratitudine per quello che ci lascia.

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